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L'uomo che sussurrava ai cavalli - Blow Up - N°65 - Ottobre 2003
L'UOMO CHE SUSSURRAVA AI CAVALLI di Bizarre
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Esce "Cuckooland", nuovo album di Robert Wyatt. La nostra intervista.
Sei anni sono passati dall'ultimo CD di Robert Wyatt, "Shleep", del '97. Chi lo conosce è abituato a queste lunghe attese, ma vale ne sempre la pena: l'eccellenza con Wyatt è, oseremmo dire, consuetudine. E se il suo stile rimane inconfondibile e inimitabile (ancorché fonte di ispirazione per decine di band attuali, Radiohead in primis), di volta in volta piccole variazioni sul tema mostrano il corpus di un'opera mutare impercettibilmente, rimanendo stilisticamente unica e praticamente senza termini di paragone. "Shleep" era ricco e articolato, "Cuckooland" è più lineare e composto, forse perfino orecchiabile. Robert Wyatt, invece, è sempre uguale a se stesso: un uomo che si crede semplice e che traspira profonda umiltà, mentre invece risulta, dopo un'ora di conversazione, persona colta, vivace e di rara intelligenza. Sta a voi giudicare...
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Allora Robert... era un bel po' di tempo che non facevi musica...
Beh, non è stato un tempo molto lungo dal punto di vista geologico! Per me è già sorprendente che sia mai riuscito a finire dei dischi, da sempre. Quando ne finisco uno, ogni volta penso, 'ci siamo, il serbatoio ormai è vuoto'... alla fine ne viene poi fuori un altro, ma non è una cosa che posso controllare. Per contro, quello che mi ha sempre sorpreso negli artisti che amo, è che per praticare la loro arte riescono sempre a creare ancor prima uno 'spazio', nelle loro vite e nelle loro menti, in cui fanno piazza pulita per potersi esprimere. Questa cosa per me è sempre stata estremamente difficile. La vita è già così complicata, che riuscire a ritagliarsi uno spazio di questo genere è di per sé estremamente arduo. Ogni volta che succede, colgo l'occasione al volo; non sono pigro...
Forse però gli artisti hanno anche la grande fortuna di fare quello a cui aspirano maggiormente, mentre moltissime persone sono frustrate per essere obbligate a fare un lavoro ordinario quando magari vorrebbero dipingere o scrivere poesie...
Beh, per quanto riguarda le aspirazioni... se ci fosse un lavoro in cui potessi ubriacarmi parecchio, ascoltare vecchi dischi tutto il giorno e magari riuscire anche a farmi pagare... ecco, questa è la mia segreta aspirazione! (ride di gusto, ndr) Comunque ci sono due motivi importanti per fare dischi, che la rendono una cosa divertente. Il primo sono le idee: tutti ne hanno, devono uscire in qualche modo! E succede nei momenti più impensati, nel cuore della notte. E questo è divertente. Il secondo è più difficile da spiegare... è come scalare una montagna. Ti può piacere, può essere una tua passione, ma fondamentalmente è una cosa difficile, faticosa. È un po' un piacere masochistico, credo. E dopo la scalata più impegnativa dev'esserci un punto in cui improvvisamente tutto diventa più facile, immagino. Per la musica è la stessa cosa: nelle ultime due settimane di lavoro, quando si mixa il disco con i tecnici, è già tutto lì: si taglia, si fa editing, si fa ordine, ma il corpo del lavoro c'è, e si vede, si tocca, si sente. A quel momento è facile, e la soddisfazione è grande; ma prima è una scalata, è un lavoraccio.
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Prima hai parlato di vecchi dischi... cosa intendi per 'vecchi'? anche "Rock Bottom" ormai è un vecchio disco, no?
Non per me... non in termini di tempo geologico! (ride ancora, ndr) Per me è un disco molto recente. Credo che la maggioranza delle persone ami soprattutto i dischi che ha scoperto quando ha guardato per la prima volta oltre le mura di casa... qualunque fosse in quel periodo la musica, l'arte e la cultura; è completamente soggettivo. Per me, la giovinezza è stata negli anni '50. Andavo a scuola e la scuola era orribile; e più vivi una realtà orribile più hai bisogno di un'alternativa valida per staccartene. Ascoltavo la musica degli anni '50, Elvis, così come i dischi di avanguardia e di musica classica di mio padre, quelli jazz di mio fratello, o il pop di Eddie Cochran che sentivo nei caffè dove andavi per guardare le ragazze - perché tanto non avevo idea di cosa dire alla ragazze... Per farti un esempio: inizialmente ho sentito Omette Coleman perché era nuovo; adesso, ascolto esattamente lo stesso disco perché è vecchio.
Beh, credo che succeda un po' a tutti... ed è difficile dire se la qualità media della musica sia effettivamente calata o se banalmente è quello che si percepisce invecchiando...
La verità è una cosa molto soggettiva, no? Se ti innamori di una persona, quella è certamente una cosa vera, ma non significa che tutti se ne debbano innamorare...
La verità è una cosa molto soggettiva, no? Se ti innamori di una persona, quella è certamente una cosa vera, ma non significa che tutti se ne debbano innamorare... Bene, passiamo allora a qualcosa di sicuramente nuovo, "Cuckooland". Parliamo di alcune canzoni cercando lo spunto per allargare il discorso... ad esempio, Just A Bit parla di religione ma quello che mi incuriosisce è questa dedica a Richard Dawkins...
Dawkins (studioso e scrittore inglese contemporaneo, che ha scritto numerosi testi di divulgazione scientifica, ndr) è stato attaccato ultimamente in Inghilterra da alcuni gruppi religiosi, anche di sinistra, per aver ribadito più volte quanto la scienza sia molto romantica. Ad esempio pensa che l'astrologia, che ha sempre cercato una congiunzione della scienza con il mondo dell'irrazionale, non sia più necessaria: è sufficiente l'astronomia, perché porta con sé un livello di mistero e di magia altrettanto profondo. Così Dawkins sostiene che l'accusa che gli viene mossa, quella di sminuire la figura di Dio e del credo religioso, non abbia senso: il mistero della fede è insito nel mondo reale, e nelle leggi scientifiche. Personalmente sono molto interessato a questo punto di vista, perché credo che la magia della realtà sia superiore a qualsiasi credenza religiosa. Anch'io amo la magia e la ricerco costantemente, non mi piace che qualcuno me lo voglia impedire. Più in generale, l'origine di Just A Bit è stata lunga e travagliata. All'inizio voleva essere soltanto una canzone polemica, ma ormai sono stufo di usare la musica solo in quel modo - anche se l'ho fatto io stesso in passato; al contrario una canzone ti deve dare nutrimento spirituale, pace mentale... La canzone era nata dalla constatazione che tutti gli omicidi di massa, oggi, sono giustificati dalla religione. Ormai si usa Dio come scusa per commettere i più atroci delitti, e quando un uomo politico si proclama cristiano (Bush l'aveva fatto) inevitabilmente finisce con l'ordinare di uccidere altri uomini. Per cui il testo originale era molto più crudo e diretto, aveva strofe del tipo "Tutte le religioni sono completamente assurde", eccetera. Poi ho pensato che non potevo scrivere cose del genere, così estremistiche; mia nuora è cattolica, cosa avrebbe pensato? Ah, ah, ah!... e quindi la canzone si è stemperata, e ne ho approfittato per introdurre le mie idee sulla magia.
Segue Old Europe, con questa bellissima atmosfera che rimanda al jazz degli anni '50... e al periodo magico della Parigi esistenzialista di quei tempi.
Musicalmente la canzone è nata dall'immagine di un vecchio film francese in bianco e nero che mio padre amava molto. Non avevo testi, per cui ho chiesto ad Alfie
di darmi una mano. Lei conosce molto bene i miei gusti, molti li condividiamo, ma
sa essere più astratta di me nella scrittura. E la sua scelta è caduta in quel periodo storico in cui l'Europa, e la Francia in particolare, era particolarmente ricettiva, e reciprocamente generosa, nei confronti della cultura afroamericana. Credo che mai come in quel momento lo scambio sia stato significativo tra queste due culture, in ogni caso molto di più rispetto alla caricatura della vecchia New York.
Ma anche allora c'era questa perenne contrapposizione tra persone che rivendicavano libertà d'espressione e altre che la volevano reprimere... e sarà successo lo stesso, immagino, nei primi concerti dei Soft Machine negli anni '60. Perché questo eterno conflitto?
Forse è un fatto semplicemente naturale e biologico, dopo tutto. Anche nel mondo degli animali, i vecchi maschi del gregge temono e osteggiano i maschi giovani, probabilmente perché sono coscienti della loro debolezza e mortalità.
Sì, ma a volte sono gli stessi giovani a fare opposizione, a mostrarsi più conservatori di un settantenne...
Oh, certo! Ma prendi questo esempio, Mike Zwerin, a cui è dedicata Old Europe. Mike è un musicista jazz newyorkese molto bravo, ha suonato anche con Miles Davis nei tardi anni '40, in "Birth Of The Cool" - quando il termine cool, lo dico ad uso dei giovani d'oggi, nacque per la prima volta! Ad ogni modo, a metà degli anni '60 Zwerin venne a vivere in Europa, perché era un uomo di cultura e cercava un posto più ricettivo per esprimersi. All'epoca scriveva di jazz per una rivista, e quando ci vide suonare, pur senza sapere esattamente cosa facevamo, fu uno dei primi ad accorgersi che era qualcosa di originale, di fresco. Avevamo evidentemente ascoltato jazz, ma non suonavamo jazz; idem per il rock, idem per il rhythm and blues. All'epoca Mike non era più giovane, ma divenne per i Soft Machine una sorta di padre adottivo, un bravo insegnante, e da allora siamo grandi amici.
Certamente chi è vecchio e ha paura di morire si sente minacciato da tutto e tutti, non solo dalle novità. In certi club per soli uomini sono terrorizzati dall'idea di ammettervi le donne, ma è ovvio che il loro problema è un'insicurezza di fondo, solo chi si sente sicuro di ciò che fa accetta serenamente il fatto di dover morire. E al contrario oggi mi sembra che ci sia nel mondo una certa ricettività; conosco alcuni giovani, persino più giovani di mio figlio, che trovo estremamente generosi e aperti a osservare quello che succede.
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E quale può essere allora la percezione della tua musica presso un pubblico giovane? In altre parole, se ammettiamo che agli inizi della tua carriera tu potessi essere considerato un'avanguardia, adesso pensi di esserlo ancora? Oppure sei diventato una della tante espressioni della popular musici?
Beh... ma che significa Avanguardia! (altro scoppio di risate, ndr) II problema è nella natura della parola. Capisco la domanda, che è più di natura sociologica, ma mi sento fortunato perché come musicista non devo preoccuparmi della risposta! Potremmo scriverci sopra un libro... ma credo che ci sia una sorta di assunto morale alla base della questione. Dalla metà del 19° secolo c'è stata una sorta di ammissione secondo cui il 'nuovo', il moderno, era meglio del passato. Il che in un certo senso è vero, ma a un certo punto ci si è accorti che il nuovo per esistere doveva distruggere qualcosa di vecchio, il che non sempre era positivo. Questa particolare 'crociata morale del nuovo' è sempre stata contraddittoria: ad esempio ad inizio secolo si traduceva, sia per il regime fascista che per quello comunista, nell'avere più fabbriche, nell'aumentare la produzione industriale. Il vantaggio di
questa rivoluzione è che oggi abbiamo i cd, gli svantaggi sono conosciuti a tutti. La parola 'avanguardia' contiene la stessa contraddizione... non ne dico di più perché non ne avremmo il tempo!...
Ma praticamente, per tornare a questioni più vicine a noi, secondo te "Cuckooland" oggi è più accessibile al pubblico di quanto non lo fosse l'esordio dei Matching Mole trent'anni fa?
Non saprei proprio... nella mia collezione di dischi non faccio molta distinzione tra cose più o meno accessibili. Da bambino non avevo difficoltà ad ascoltare, per esempio, Stravinski; anche il jazz era facile da sentire, almeno fino al be bop e a Charlie Parker. Poi dovevi fare attenzione a cosa succedeva, altrimenti poteva sembrare uno sciame d'api in una bottiglia... anche se, una volta fatto lo sforzo, era una meraviglia. Sui miei dischi è ancora più difficile essere obiettivo...
Ci sono però nomi molto popolari, come David Gilmour, che fa un assolo riconoscibilissimo su Forest...
David è un altro esempio di quello che significa per me fare musica. Dimenticando il concetto di avanguardia di cui abbiamo parlato prima, il mio obiettivo adesso è, più che trovare nuovi linguaggi per esprimermi, raccogliere musicisti che normalmente non si frequenterebbero, per lavorare su un progetto comune che da soli non farebbero. E così in qualche modo il contributo particolare di ciascuno si chiarisce, e diventa efficace. Non importa se non è un nome molto conosciuto, come Yaron Stavi che suona il basso, o se al contrario è molto famoso come David Gilmour. Perché David, anche se è coinvolto in fantastici megaprogetti, prima di tutto rimane un uomo gradevolissimo e un ottimo chitarrista. Mi piace molto il modo con cui suona, perché le sue note sono chiare e pulite, e non nascondono il resto della musica, è trasparente come un cristallo...
Magari per lui suonare in un altro contesto è anche un'occasione di cambiare stile, rispetto alle prove un po' scadenti del suo recente passato...
Di questo non ne so nulla, non mi interessa. Per me quel che conta è riuscire a suonare con persone che apprezzo dal punto di vista umano, ancor più che professionale. Ai vecchi tempi suonavo con persone con cui non andavo particolarmente d'accordo, ma che dovevo frequentare perché erano i migliori sassofonisti, i migliori bassisti, eccetera. Ora sono stufo di questo metodo, ho un approccio completamente diverso, voglio persone che stimo e che apprezzo e voglio fare i miei dischi con loro. Nel caso di David, poi, è stato ancora diverso, perché l'ho rincontrato casualmente un paio d'anni fa e fu lui a darmi la sua disponibilità per fare qualcosa insieme. Quando mi è sembrato che potesse dare un contributo su Forest, è stato molto timido, si è portato il nastro a casa, l'ha studiato, ha fatto la sua proposta con molta cautela... e i suoi fans magari ora non apprezzeranno il fatto che ho lasciato la mia voce sulla sua chitarra!
E poi tra i vari contributi esterni c'è quello di Karen Mantler (figlia di Mike Mantler e Carla Bley, ndr), che ha un valore particolare, vero?
Sono state le prime canzoni registrate per l'album. In passato avevo lavorato con Carla, la madre di Karen, ma quest'ultima quando era giovane era una punk, non sembrava affatto orientata verso il tipo di musica che facevo io; mentre invece ha sviluppato un forte interesse per il jazz negli ultimi tempi. Non solo ha due genitori che sono maestri eccezionali, ma su certe cose abbiamo un feeling incredibile... certe volte, suonando l'armonica, sceglieva esattamente le note che avrei scelto
io per la tromba! E mi piace molto anche l'idea del duetto, un uomo e una donna che cantano, è carino, no? Specialmente perché la mia voce ora è limitata, non ha più l'estensione di una volta...
Ci sono alcune canzoni del disco, penso a Lullaby For Hamza o Foreign Accents, che rimandano al concetto di quanto l'uomo possa essere malvagio...
Sì. E quando tocchi questi temi puoi farlo in genere in due modi diversi. Il primo è scrivere in modo molto arrabbiato ed esplicito. Il secondo è usare una modalità più astratta, quella che infatti uso in Foreign Accents, adatta a mostrare più solidarietà con le vittime della crudeltà che non a fare un atto di accusa contro chi è stato crudele - forse ne dovrei citare troppi!... E poi è importante, per mostrarsi davvero vicino alle vittime, fare nomi precisi, invece di rimanere vaghi e generali. È un tema sicuramente classico, niente da dire. Per quanto riguarda Lullaby For Hamza, i testi sono di Alfie, e rimandano al fatto che mentre tutti sono
concentrati sull'avvenimento della guerra ci sono persone che invece pensano a continuare la vita, dall'altra parte. Anche in questo caso però c'è un lavoro di astrazione, di metaforizzazione, che ormai è quello che mi è più congeniale.
Tra l'altro il contributo di Alfreda è stato molto importante in questo disco, no?
È cruciale. Già in "Dondestan" e "Shleep" era stato importante, ma in questo caso, per la prima volta, il disco non sarebbe esistito senza il supporto di Alfie. Il testo di Lullaby era diventato un problema, è grazie a lei che lo abbiamo risolto. Ma ha anche idee sul piano musicale: per esempio in Forest c'è una piccola melodia country, è roba sua, cosi come la lieve citazione del Bolero di Ravel in Lullaby For Hamza. E poi, Alfie è infinitamente importante perché è la prima a guidarmi, a dirmi quando serve: "Attento Robert, stai stonando!..." (ancora risate, ndr)
Verso la fine del disco, le ultime due canzoni in particolare, le cose si complicano un po'... sembrano essere canzoni più difficili rispetto al resto dell'album.
Sì, è vero, ho pensato che un ascoltatore che riesce a reggere fino a quel punto poteva permettersi di andare anche un poco oltre... sicuramente Brian The Fox è il momento più autoindulgente, per me: tastiere infinite, sequenza di accordi semplici, io che suono la tromba liberamente, divertendomi... volevo 5 minuti di libertà, diciamo. Per La Ahada Yalam mi spiace non averla potuta cantare in arabo, ma anche se in passato ho usato altre lingue l'arabo mi causa problemi... quindi mi sono appoggiato su Gilad Atzmon, il clarinettista, per avere un contributo significativo.
In generale, dal punto di vista musicale, c'è un riferimento particolare per "Cuckooland"? A me sembra che abbia parecchie somiglianze con "Old Rottenhat"...
Non ci avevo pensato... È difficile per me dare questo tipo di giudizio, a me sembra piuttosto di fare ogni volta lo stesso disco. È come se avessi un giardino, che ogni volta cerco di curare al meglio, tagliando le piante che non danno fiori e magari scoprendone di nuove, nascoste, che non erano state ben valorizzate prima...
E rispetto al fatto di suonare, hai cambiato attitudine? Perché in un certo senso si ha l'impressione che ci prendi molto più gusto di un tempo...
È verissimo, negli ultimi tempi ho davvero riscoperto il piacere fisico che può dare il fatto di suonare uno strumento, ed è dovuto a due motivi. Il primo è che abbiamo cambiato casa, e che prima non suonavo tanto perché ero in un piccolo appartamento e disturbavo i vicini. Adesso siamo in una grande casa, ho tutto lo spazio che serve, e tutta la libertà di cui avevo bisogno. Il secondo motivo è che alcuni anni fa avevo pochissimi soldi, e quindi per fare musica non potevo permettermi di pagare i musicisti... ho imparato per forza a fare da solo, e ora con lo spazio e la disponibilità in più per me suonare è davvero un piacere quasi animalesco. Anche nelle interazioni con gli altri: abitiamo tutti vicini, siamo affiatati, il fatto di incontrarci è importante anche come evento sociale.
Robert, hai vissuto 40 anni di musica, sei a due anni dai 60... come hai visto cambiare le cose in tutto questo tempo, c'è una maggiore ingerenza degli aspetti commerciali?
C'è sempre un problema con le istituzioni, per quanto riguarda gli aspetti commerciali di un'attività, ma non credo che siano più specifici al mondo della musica. È chiaro che le potenze militari e industriali controllano anche la distribuzione di prodotti culturali, e questo è molto triste. Vorrei che avessero le stesse possibilità i musicisti di strada del Perù o dell'Angola o dell'Italia o della Russia... è assurdo che lo dica io, che vengo dall'Inghilterra che ha l'egemonia in questo campo. Però, parlare sempre solo di musica o di calcio per dipingere il potere commerciale è un po' troppo facile, è caricaturale. Non sono contro i soldi, non sono contro il fatto di diventare ricchi; sono contro la diseguaglianza nella distribuzione delle risorse. Ora, detto da me, un vecchio con la barba, la cosa può sembrare un po' patetica, forse? Eppure mi ricordo perché ho iniziato tutto questo, ricordo che ero eccitato dal sentire pop music in un caffè dove c'erano delle ragazze. Quindi non me la prendo con i giovani che si avvicinano a questo mondo, e neanche con le persone che lavorano nell'industria discografica. Siamo tutti, in realtà, parte di questo sistema deviato. Non è colpa della pop music, è il meccanismo capitalista che andrebbe rivisto...
E cosa può fare un individuo, secondo te, per combattere l'assurdità di questo mondo?
Puoi sempre fare qualcosa. In tutti i campi. Per esempio, vista la situazione generale in Inghilterra e in tutto il mondo occidentale, stiamo assistendo a una migrazione di massa come forse mai prima. Ci sono pro e contro per la cosa, e senz'altro tra gli svantaggi c'è un aumento del razzismo nei confronti degli immigrati. Cosa si può fare? Cambiare il mondo no, non è possibile. Ma qualcosa sì: per esempio, c'è una nostra amica che ha creato un'organizzazione caritatevole, per aiutare gli immigrati rumeni in Inghilterra. Fornisce supporto alle famiglie, gestisce le difficoltà, caso per caso, a volte ci riesce e a volte no. Ma almeno esiste la possibilità, per alcune persone, di avere un sostegno e di riuscire nella loro impresa. C'è sempre qualcosa, nel tuo piccolo, che puoi fare.
Da parte tua, ti consideri ancora un comunista, anche se il termine è così fuori moda?
Sicuramente. Il Papa si considera ancora cattolico, dopo tutte le cazzate che hanno fatto, no? Ah ah! Quindi credo di avere anch'io ancora il diritto di restare fedele alle mie vecchie fisse...
Parlami ancora del tuo punto di vista sul pop... cosa ne pensi delle canzonette che si sentono alla radio? Ti piacciono?
Rispetto molto la pop music. Prima di tutto mi ha dato le basi per la mia professione; in senso lato gli interpreti pop di oggi sono l'equivalente dei musicisti folk di un tempo. E poi hanno un compito molto importante: quello di creare un... (esita alla ricerca della parola giusta, ndr) contesto, ecco, per favorire gli incontri tra giovani di sesso opposto. Ammettendo ciò, per giudicare il pop non puoi applicare altri criteri di giudizio se non "Funziona o no?". A volte, il fatto che un poster in una camera da letto sia efficace o meno ha una funzione estremamente importante, in un certo senso il futuro della razza umana dipende da quello, non so se mi spiego!... (esplode nuovamente a ridere di gusto, ndr) Cosa c'è di più importante di questo??? Tuttavia, dopo l'adolescenza, essere ancora ossessionati dal pop - il che succede, per motivi commerciali - è una sorta di pedofilia culturale. Può essere molto controproducente; è giusto esigere il diritto di crescere. Non voglio essere egemonizzato dalla cultura pop, ma la rispetto nel modo più assoluto. E poi sono sicuro che chi ha l'intelligenza di fare ottime canzoni pop è anche in grado di crescere, e di fare cose più evolute e 'adulte'. Non voglio fare esempi, ma Cristina Dona, che conosco bene, lo dimostra pienamente; ha un po' il senso della dignità di Joni Mitchell. E poi ci sono tantissimi grandi del pop, da John Lennon a Stevie Wonder. Quando sento una canzone alla radio, non me la sento di giudicarla. Non ho un gusto, non sono io il destinatario di quella musica. Ma sono sicuro che ci sono cose di grandissimo valore.
Con l'avvento della tecnologia digitale, la possibilità di fare musica si è estesa a un numero illimitato di persone; il risultato è che siamo invasi da una quantità abnorme di musica registrata, c'è una confusione pazzesca...
Elvis Costello diceva una bella cosa a questo proposito, che quando vai in studio a registrare sei in un posto molto speciale, e devi fare molta attenzione a quel che fai, stai vivendo un momento privilegiato e sfruttarlo appieno... sono molto d'accordo con lui. È senz'altro irresponsabile fare più dischi di quelli strettamente necessari, io stesso avrei potuto farne molti di più, ma non penso che avrebbe migliorato la qualità di quello che facevo... perché andare oltre a quello strettamente necessario? Forse per i più giovani è un'opportunità in più, può darsi... ma bisogna fare attenzione, anche per tutti gli altri prodotti l'offerta è in eccedenza, non solo per i dischi... di nuovo, non c'è una reale particolarità per la musica!
E riguardo all'esplosione dell'elettronica degli anni '90: come l'hai percepita?
È una buona cosa, specialmente per i club, che questa musica sia diventata così importante... Personalmente, sono certo che la gente questo può capirlo, non l'ho particolarmente assorbita: i paraplegici non fanno molto clubbing! (si sbellica dalle risate, ndr) In generale, non mi sento obbligato ad andare alla ricerca della musica, è lei che mi arriva in testa, da non so dove, e a cerco di assimilarla al meglio. Non sempre sono cosciente di questo processo. E poi ho anche uno spirito contraddittorio, ad esempio: c'è questa nuova musica brasiliana, che incorpora anche beat elettronici e nuovi suoni, che è davvero bellissima. Ma essendo anch'io interessato alla musica brasiliana, preferisco andare a riscoprire la vecchia musica di quel genere, ad apprezzare solo le armonie, con ancor meno percussioni che nella bossa nova. E questo, questa ricerca della bellezza, è una cosa che mi sento sempre di fare.
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