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 I Soft Machine: Dell'Artchipel: Qui Le Fonti - Musica Jazz - N. 766 - Settembre 2014





I SOFT
MACHINE
DELL'ARTCHIPE
L:
QUI LE FONTI

Di Alessandro Achilli
Foto : A. Achilli

dopo «Never Odd Or Even», che le è valso il titolo di formazione italiana dell'anno al Top Jazz 2012, l'Artchipel Orchestra ritorna con il cd allegato questo mese a Musica Jazz e dedicato a brani dei Soft Machine, scritti da Hugh Hopper e Robert Wyatt quando avevano fra i ventitré e i venticinque anni.

Il disco si apre con la conduction che serve da preludio a Facelift, composizione che in «Third» (pubblicato il 6 giugno 1970) è parimenti introdotta da un'improvvisazione. Una Facelift incisa il 10 giugno 1969 era già presente in «Bbc Radio 1967-1971», il migliore dei tanti live postumi dei Soft Machine, ma la prima pubblicata occupava un'intera facciata dei «Third» e combinava due registrazioni dal vivo dei gennaio 1970 con nastri fatti scorrere al contrario e altre alterazioni di studio.

Kings And Queens, incisa il 9 novembre 1970, viene dall'album successive, «4» (uscito il 28 febbraio 1971). Di poco precedente è la prima testimonianza live dei brano: Amsterdam, Concertgebouw, 25 ottobre 1970. L'arrangiamento Artchipel aggiunge alle parti strumentali un testo cantato: la prima strofa di The Bird Did Prance — The Bee Did Play di Emily Dickinson.

Noisette non esiste come tale nella discografia ufficiale dei Soft Machine, anche se sul «Third» la Slightly All The Time di Mike Ratledge (registrata il 6 maggio 1970) si conclude proprio con quel tema di Hopper seguito da quelle di Backwards dei tastierista. La prima apparizione documentata di Noisette è però in un concerto londinese dei 13 aprile 1969, mentre sul «Bbc Radio 1967-1971» se ne ascolta un'interpretazione dei 10 novembre 1969.

Noisette è uno dei due brani non arrangiati da Ferdinando Faraò ma da Beppe Barbera: l'altro è Dedicated To You But You Weren't Listening, che su «Volume Two» (inciso nel febbraio-marzo 1969 e pubblicato subito dopo) era un cangiante acquarello per voce, clavicembalo e chitarra acustica, e nella versione Artchipel è affidato alle sole voci, ispirandosi liberamente all'arrangiamento per ance dei Delta Saxophone Quartet. Nel nostro cd, Dedicated To You è anche l'unico brano registrato nel piccolo Lift Studio anziché alle gloriose Officine Meccaniche (che il 14 gennaio e 25 febbraio 1967, quand'erano ancora studi Regson, ospitarono fra l'altro due sedute di Ellington).

Mousetrap non fu mai incisa in studio, benché fosse una presenza assidua nei concerti, come quello londinese dei 13 aprile 1969 e quelli pubblicati sui cd «Noisette», «Facelift», «Somewhere In Soho » (ristampato in lp con il titolo «Ronnie Scott's Jazz Club»), «Breda Reactor» (in lp: «Live At Het Turfschip»)e, in una registrazione del 10 giugno 1969, nel «Bbc Radio 1967-1971» (alcuni brani del quale - tra cui una Mousetrap del novembre '69 – erano già in «Triple Echo» e poi in «The Peel Sessions »).

Dopo cinque titoli di Hopper, ecco in fine Moon In June di Wyatt, uno dei quattro estesi brani che componevano il doppio lp «Third». La prima versione è stata restaurata l'anno scorso per il cd « '68» di Wyatt (vedi Riccardo Bertoncelli in Musica Jazz n. 12/2013) ma quella trascritta da Giovanni Venosta e arrangiata da Faraò viene dal solito «Bbc Radio 1967-1971 »: la seduta è ancora quella del 10 giugno 1969, subito prima della quale Wyatt scarabocchiò un ulteriore (meta)testo, ripreso dall'Artchipel.


Tutta questa girandola di date fa pure piazza pulita di un luogo comune della critica facilona: quelle che iscrive i Soft Machine (e in particolare il «Third») tra i seguaci di «Bitches Brew». A parte il fatto che il gruppo inglese è nato nel 1966 (quindi ben prima persino di «Miles In The Sky»), «Bitches Brew» esce il 15 maggio 1970 e dunque non può aver influenzato un disco inciso prima di quella data e contenente composizioni già nelle scalette live da più d'un anno; per non dire di Moon In June, che non solo viene registrata in prima stesura nell'ottobre '68 ma ingloba pure citazioni da That's How Much I Need You Now e You Don't Remember (incise dai Soft Machine nel 1967), oltre che da Singing A Song In The Morning e Hat Song di Kevin Ayers.

Alla luce delle improvvisazioni live di «Middle Earth Masters» (1967) pare piuttosto infondata anche la netta distinzione tra i Soft Machine «jazz» o «rock jazz» e quelli di «pop psichedelico». Né si può dire che fossero una formazione di progressive rock, la cui nascita è infatti ben posteriore a quella del gruppo e alle sue complesse partiture, basate su metri additivi e semmai influenzate da compositori come Bartók, Sostakovic e Don Ellis (che i tre ascoltavano fin da ragazzini) oltre che da soul, free jazz, r'n'b, Terry Riley, patafisica e musica indiana.

Il jazz, in particolare, fu per loro molto più determinante del rock. In una recente intervista a DownBeat, Wyatt ricorda: «L'anno (1967) in cui furono lanciati i Soft Machine è l'anno in cui morì John Coltrane. San John, per me. E mi viene in mente quel che succede nella foresta quando cade un albero davvero gigantesco. Improvvisamente si apre un vuoto nel sottobosco, dove nascono moltissimi alberelli che si protendono verso la luce del sole: è la vita che si riafferma. Ma quegli alberi giganteschi non spuntano da un giorno all'altro. Perciò nella mia mente — persino nel fiore irriverente della gioventù - la nostra apparizione alla luce del sole è sempre stata legata all 'incomparabile bellezza di ciò che avevamo perduto».

Del resto, un diciassettenne Ratledge aveva parlato per la prima volta con il quindicenne Wyatt per chiedergli in prestito «At Newport: The Gigi Gryce - Donald Byrd jazz Laboratory And The Cecil Taylor Quartet» ed è noto che alla base dello stile solistico dello stesso Ratledge fosse l'idea di trasporre su un organo con distorsore e wha wha il pianismo tayloriano (un esempio di come i Soft Machine abbinassero spesso le sonorità più rock ai momenti più jazzistici, con il corollario altrettanto frequente di articolazioni jazzistiche celate nelle scansioni più rock).

Negli stessi mesi, quando gli adolescenti Wyatt e Hopper ebbero l'occasione di incidere un acetato con qualche coetaneo in una cabina pubblica di registrazione a pagamento, cantarono 'Round About Midnight ed Evidence. Dal fratello maggiore, Wyatt ascoltava «Ellington, il bebop, Cecil Taylor, il primo quartetto di Don Ellis con Jaki Byard, "Mingus Presents Mingus"», mentre Hopper — pur riconoscendo il debito iniziale verso Paul McCartney, James Jamerson, John Entwistle e Larry Graham - si è sempre detto più influenzato da Haden, Mingus, LaFaro, Garrison e Ron Carter.

Benché all'epoca i brani dei Soft Machine non fossero mai stati suonati da una big band (arrivando tutt'al più ad aggiungere quattro fiati al trio Ratledge-Hopper-Wyatt), gli arrangiamenti jazzistici dell'Artchipel hanno dunque trovato un terreno già fertile. E ne ricavano i frutti saporiti colti dal nostro cd.

Alessandro Achilli



7 GIUGNO, FASANO TEATRI KENNEDY E SOCIALE

ARTCHIPEL ORCHESTRA + KEITH & JULIE TIPPETTS

Alla XVII edizione di Fasano jazz si è vista un'Artchipel Orchestra in versione deluxe, con Keith e Julie Tippetts in veste di ospiti d'onore e le immagini in movimento (sincronizzate con la musica e proiettate sullo schermo cinematografico del teatro Kennedy) di Au+, duo di sperimentazione audiovisiva formato da Fabio Volpi e Rosarita Crisafi. Per Ferdinando Faraò, direttore e arrangiatore del collettivo, si è trattata dell'ennesima conferma delle attenzioni e dei consensi che sta raccogliendo la scelta di focalizzare buona parte del repertorio Artchipel sulle composizioni di alcuni dei maggiori esponenti (centrali o periferici) della cosiddetta scuola di Canterbury.

Il concerto ha preso le mosse da partiture ormai entrate nel dna della formazione, come la toccante Arriving Twice di Alan Gowen e la serrata e iperbolica Moeris Dancing degli Art Bears, per arrivare, in conclusione della prima parte, a una briosa e scoppiettante rivisitazione di Moon In June di Robert Wyatt, della quale Filippo Pascuzzi (tranne una parentesi swingante affidata a Serena Ferrara) ha interpretato con personalità le parti cantate senza scadere nel didascalico o peggio o nella mera emulazione.

Nella seconda parte, quasi interamente dedicata a composizioni di Hugh Hopper per i Soft Machine, hanno fatto la loro apparizione i coniugi Tippetts e la musica è divenuta più profonda e imprevedibile. Magistrale, per esempio, è stata l'esecuzione di Kings And Queens, che si presentava in una veste inedita grazie al variopinto e ritmico tappeto di note oblique e irregolari generate dal pianoforte preparato di Tippett e agli interventi della fisarmonica di Mariangela Tandoi. Convincente era anche il trattamento della crepuscolare Noisette, arrangiata dal pianista Beppe Barbera e illuminata da un sottile groove e da un impetuoso assolo di Massimo Falascone al sax baritono.

A chiudere la serata erano Cider Dance di Keith Tippett (il quale ha voluto che a condurre il ballo fosse la tagliente chitarra elettrica di un ispiratissimo Giampiero Spina) e, prima di una seconda versione di Mousetrap, un orchestrale Happy Birthday a Julie Tippetts, nata l'8 giugno.

Il concerto dell'Artchipel (che sarà messo in onda prossimamente da Radio3suite) ha avuto una coda la sera seguente con il duo pianoforte-voce dei coniugi Tippett: in un clima magicamente intimo e raccolto, la Couple In Spirit ha regalato al pubblico suoni, vibrazioni ed emozioni di rara purezza.

Claudio Bonomi

       
     
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