Robert
Wyatt intervista & Robert Wyatt disc jockey - Musiche
N°17 - Primavera 1996
INTERVISTA
di Alessandro Achilli,
Giacomo Borella e Paolo Chang
Tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre 1994,
Robert Wyatt era a Milano per la presentazione di
Falsi movimenti, edizione italiana (pubblicata da Arcana)
di Wrong Movements, il libro sui suoi trent'anni di carriera
scritto da Michael King. Radio Popolare ne ha approfittato
per proporgli un'intervista (trasmessa in diretta sabato
3 dicembre da Popolare Network) e un breve ciclo di programmi.
Intervista
Se ci fosse qualcuno in ascolto che non sa chi è
Robert Wyatt, come potresti aiutarlo?
Innanzi tutto voglio scusarmi perché non parlo
italiano: l'Inghilterra è un Paese barbaro e non
capiamo le lingue altrui. Passando alla vostra domanda,
purtroppo non ho la minima idea di quel che direi: credo
che la cosa migliore sia che Robert Wyatt venga inventato
da altri. Non ho un'immagine mentale dell'oggetto dei
nostri discorsi e per di più non sono introspettivo.
Dunque, non saprei proprio che cosa rispondere a chi mi
chiedesse chi ero. Gli direi: "Fammi un'altra domanda,
per cortesia" (ride). Ma, seriamente, forse
dovrei essere più responsabile: ho passato l'infanzia
suonando la batteria e per il resto della mia vita ho
continuato a prendere lezioni cantando canzoni.
Falsi movimenti è la prima vera biografia
che esce su di te. Anni fa, Stampa alternativa pubblicò
un libretto che però era dedicato prevalentemente
a traduzioni di testi di canzoni. Esistevano già
altre biografie?
No, che io sappia. C'era quello di Stampa alternativa
e Ma non so che cosa sia realmente una biografia
o per quale motivo venga in mente a qualcuno di scriverne
una o perché qualcuno dovrebbe leggerla ma è
bello che ci siano persone a cui interessa. Non penso
che si possa scrivere un'autentica biografia perché
la mia vita è segreta e strana e neppure io la
conosco: dunque, non credo proprio che qualcun altro possa
conoscerla.
Infatti Mike King precisa nell'introduzione che non
ha voluto scrivere una biografia ma una cronistoria della
tua carriera, escludendo i pettegolezzi e tutto quanto
non attenesse alla tua musica.
È vero, è così.
Vorremmo chiederti qualche cosa sul tuo rapporto con
l'industria discografica, in questi anni. Sappiamo che
ci sono state varie traversie, addirittura cause legali,
per la pubblicazione della musica dei Soft Machine. E
abbiamo sentito che non ricevete alcunché per le
ristampe in cd dei vostri vecchi lavori né - ed
è il colmo - per i vari materiali inediti (tipo
Wilde Flowers, Matching Mole alla Bbc eccetera) che si
vedono oggi in circolazione
Sì, abbiamo moltissimi problemi. Sapevamo che avevamo
perso quasi ogni forma controllo e possibilità
di guadagno sui vecchi dischi; non sapevamo che cosa fosse
successo ma effettivamente c'erano dischi nostri, a nostro
nome, che non avevamo mai visto né ascoltato. Tuttavia,
pensavamo: "Quando i dischi verranno ripubblicati
in cd, forse potremo riuscire a fare in modo che più
persone (noi compresi) ci guadagnino". Il sindacato
dei musicisti ha cercato di aiutarci a rintracciare gli
impresari e a mettere le case discografiche di fronte
alle proprie responsabilità ma sia i manager sia
le case discografiche hanno serrato i ranghi e sono spariti
tutti alle Bahamas o chissà dove. Non si può
combattere contro quella gente: sarebbe proprio una perdita
di tempo. Riceviamo soldi per alcune cose: mia moglie
Alfie mi ha fatto riconoscere un certo controllo su qualche
canzone (o altro) qui e là ma fondamentalmente
è tutto un gran casino. Ci vorrebbero non so quanti
soldi per intraprendere un'azione legale da cui ottenere
un qualche controllo effettivo. Ma non è così
per tutti: credo solo che siamo stati sfortunati. (1)
Nel 1981 hai effettuato
una serie di registrazioni per Un certo discorso
di Rai Radiotre. Come giudichi l'importanza assunta dalla
radio o dalla tivù (vedi Mtv) nella produzione
di progetti di molti musicisti (alcuni dei quali vengono
poi fatti uscire sul mercato discografico)?(2)
Rimasi davvero impressionato da quel programma. Non riesco
a immaginare una trasmissione del genere in Inghilterra
o negli Stati Uniti. Trovo che l'idea di coinvolgere un
musicista per una settimana, mostrando come lavora, fosse
ottima. Sembra che le idee politiche nascano e muoiano
senza lasciare traccia ma mi pare che certe teorie sulla
democratizzazione dei mezzi di comunicazione di massa
avessero guadagnato un po' di terreno qui da voi, anche
se so bene che adesso quasi tutte le radio e televisioni
italiane sono proprietà di una sola persona, con
tutto quello che comporta. In Inghilterra, non sarebbe
possibile neppure l'idea di un programma come quello:
non ci se l'immagina neanche.
A proposito di radio, su Falsi movimenti c'è
la traduzione italiana di un tuo articolo - "Voci
lontane" - in cui raccontavi il tuo grande innamoramento,
all'inizio degli anni ottanta, per l'ascolto delle radio
a onde corte e quindi delle trasmissioni da posti lontanissimi
del mondo. Puoi parlarci di questa passione? È
ancora viva? Da dove arriva?
Allora in Inghilterra c'era la sensazione o, meglio, veniva
fatta circolare l'ideologia che il nostro apparato delle
comunicazioni di massa fosse molto pluralistico e desse
conto di tutti i punti di vista: era una grossa millanteria.
In particolare, il Bbc World Service aveva la fama (che
resiste tuttora) di faro di verità e luce per il
mondo intero. Be', ho avuto esperienze interessanti con
le persone del Bbc World Service. Per esempio, poco dopo
aver inciso - su Old Rottenhat - una canzone intitolata
East Timor (che è una colonia orientale dell'Indonesia),
venni intervistato da loro e non mi fu consentito di parlare
del commercio d'armi tra l'Inghilterra e l'Indonesia:
la maggior parte delle loro armi viene dalla Gran Bretagna.
Non mi fu concesso - da quel noto faro di verità
che è Bbc World Service - di parlarne. Dunque,
quando si ascoltano le radio da altri Paesi ci si rende
davvero conto di quanto si possano vedere diversamente
le cose. Per esempio, nel periodo delle grande campagna
sull'Iran (quando rischiammo forse di entrare in guerra
contro di loro) era molto interessante ascoltare la radio
iraniana. Non dico che qualcuno possa darti la verità
(Radio Mosca, Radio Kabul o chissà chi) ma solo
che quando senti i differenti metodi con cui ciascuno
cerca di promuoversi - persino i diversi atteggiamenti
verso la propaganda e le rispettive idee di "buona
propaganda" - intuisci quale varietà di modi
di pensare possa esserci al mondo.
L'esperienza dell'ascolto di radio a onde corte ti
interessava molto anche dal punto di vista musicale
Fu particolarmente importante negli anni settanta e ottanta,
prima che l'Inghilterra, l'America o il mondo occidentale
inventassero la world music: prima dell'invenzione dell'idea,
peraltro molto buona, di ascoltare musica da tutto il
mondo, se si voleva capire che cosa ascoltassero gli altri
popoli era necessario sintonizzarsi sulle stazioni a onde
corte. E non solo per la musica in sé: c'erano
radio arabe e nordafricane che trasmettevano il canto
del Corano, per ore, ed era stupefacente. È un
modo completamente diverso di intendere la radio.
Ci viene in mente che su Flotsam Jetsam c'è
un brano, War without Blood, che in origine doveva
apparire su Work in Progress: abbiamo letto che
avevi sentito quella melodia a Radio Mosca e che, dopo
averla trascritta e riarrangiata, le avevi adattato un
nuovo testo e l'avevi incisa. Che canzone era in origine?
La sentii alla radio e mi piacque tantissimo! La trasmettevano
ogni tanto e io me la registrai su una cassetta. Era già
una canzone; semplicemente, la trovavo molto piacevole
ma non capivo il testo, cantato in russo. È una
canzone pop russa e c'è da segnalare un buffo atteggiamento
al riguardo. Intanto, si sentiva dire spesso: "Oh,
è tremendo all'Est, sai? Non possono procurarsi
i dischi rock occidentali!". E io rispondevo: "Avete
mai provato a trovare un disco pop russo in Inghilterra?
È ancora più difficile!".
E che cosa dice il testo che hai scritto tu?
Be', mi pare che alla base ci fosse la mia volontà
di scherzare con le idee sulla propaganda, perché
un'altra ironia della sorte è che noi parlavamo
Forse gli ascoltatori più giovani non lo sanno
ma una delle cose che si dicevano ai vecchi tempi della
Guerra fredda era che i malvagi comunisti fossero assai
esperti nella propaganda. Pur essendo comunista, devo
invece dire che la propaganda comunista era per lo più
una stronzata bell'e buona, in confronto alla nostra:
non avevano idea di come si facesse. Se si cerca un maestro
nella propaganda, bisogna rivolgersi al Papa o a gente
del genere. I comunisti non ne hanno idea: innanzi tutto,
hanno la tendenza a dichiarare il proprio punto di vista,
a dire da che parte stanno. E così è molto
facile distruggere le loro argomentazioni, per il fatto
stesso che non vengono occultati. Se ci pensate, le argomentazioni
della destra non insistono quasi mai sull'importanza delle
gerarchie economiche: battono invece sulla religione,
sulla famiglia, sulle antiche virtù e su qualunque
altra cagata ma mai sul nocciolo della loro ideologia.
In quella canzone scherzavo con l'idea che in realtà
sono gli occidentali i maestri della propaganda: intendevo
in qualche modo dire che noi occidentali avevamo già
vinto una guerra incruenta molto prima del 1989, poiché
sappiamo che un'intera generazione di ragazzini russi
vuole andare nei McDonald e ascoltare dischi rock occidentali.
Ma va bene: se si ritiene che il cibo dei McDonald sia
il più straordinario di tutta la storia dell'umanità,
allora quella è una grande vittoria. Congratulazioni,
capitalismo!
Nel 1984 incidesti due brani insieme a Chris Cutler,
Lindsay Cooper, Tim Hodgkinson (ovvero metà degli
ex Henry Cow) e Bill Gilonis per sostenere il lunghissimo
sciopero dei minatori inglesi contro il governo Thatcher.
Che ricordo hai di quell'esperienza, che contribuì
a finanziare lo sciopero devolvendo ai minatori gli incassi
di tutta la tiratura?
Riascoltare questo brano (appena trasmesso in radio)
mi ha stupito perché - dato che furono probabilmente
vendute tutte le copie, compresa la mia - non lo sentivo
da un sacco di tempo. È stato molto bello riascoltarlo.
Tantissime persone fecero tutto quel che poterono per
sostenere le famiglie dei minatori, perché il governo
stava proprio cercando di prenderli per fame. Non era
solo questione di dare un pochino d'aiuto, inviando derrate
alimentari e altro, ma anche di mostrare alle comunità
di minatori che non tutti in Inghilterra volevano annientarle.
Che cosa ti ha lasciato il rapporto con gli ex Henry
Cow, protrattosi nel tempo in varie forme?
Ritengo che gli Henry Cow fossero un grande complesso,
sia collettivamente sia individualmente: erano e sono
musicisti eccezionali e anche i differenti progetti cui
si dedicano adesso sono tutti interessanti. Fu
un vero onore che mi chiedessero di lavorare con loro.
E la musica di Lindsay Cooper è molto interessante.
Mi piacque molto tutta l'esperienza con loro e per la
verità esistono altri brani registrati con gli
Henry Cow, dal vivo eccetera, che non mi pare siano ancora
usciti su cd.
Molti di quei lavori sono stati pubblicati da Recommended,
l'etichetta fondata da Cutler. Volevamo chiederti la tua
opinione circa la scelta di quei musicisti che fondano
case discografiche e gestiscono direttamente tutte le
fasi del proprio lavoro.
Naturalmente è una buona idea ma sarebbe errato
pensare che è tutto come nelle etichette indipendenti
di rock. Certi musicisti sono indipendenti per scelta
ma ci sono anche molte persone nel mondo che fanno dischi
e non hanno alternative: non avrebbero comunque alcuna
possibilità di entrare a far parte del mainstream
e quindi non hanno deciso deliberatamente di essere cani
sciolti ma sono stati esclusi. Nutro il massimo rispetto
per le etichette autogestite ma guardo quella situazione
da un altro punto di vista. Per esempio, ho sempre ritenuto
che la Melodiya - l'etichetta di stato russa - fosse la
migliore delle indipendenti, anche se certi miei amici
pensano che esagerassi un po' (ride). Ma, seriamente,
ci sono talmente tante persone - al di fuori del grande
sistema occidentale di Cbs, Virgin eccetera - di cui dovremmo
tenere conto È difficile da dire Credo
che esista il pericolo di una nuova specie di narcisismo
culturale, se guardiamo solamente a quelli di noi che
si sono volutamente tirati fuori da quel sistema. È
solo un rischio ma potrebbe esserci chi pensa che, quando
esiste un sistema e un antisistema, il quadro sia completo.
Credo che il vero problema politico sia che la maggior
parte delle persone nel mondo è al di fuori del
sistema semplicemente perché ne viene respinta.
Nel 1972, in Gloria Gloom, scrivevi: "Sino
a che punto posso fingere che la musica sia più
importante di combattere per un mondo socialista?".
Ti è accaduto di pensare quanto sia ancora attuale
quel verso?
Vi dirò: Fred Frith odiava quel verso. No, non
Frith: Fripp! Robert Fripp (che produsse il disco dei
Matching Mole su cui apparve) odiava quel verso. Mi
chiese: "Robert, lo pensi davvero?". Non voleva
proprio sentirlo. Comunque, fu buffo. E non so quanto
si sentisse a proprio agio metà degli altri musicisti
del complesso: "Che cosa sta cantando Robert?".
Ma, comunque, è una domanda e non una risposta:
"Sino a che punto?". Ed è una domanda
difficile, per me. A volte penso di essere un animale
politico che canta canzoni e altre volte di essere un
cantante che canta cose politiche. Dipende moltissimo
dalle circostanze. In questo preciso istante, penso che
forse sono solo un cantante e non dovrei rivendicare troppo
la mia importanza politica (ride). Ciò nonostante,
se dovessi prendere una decisione etica, morale, in contrasto
con un principio estetico, scarterei l'opzione esteticamente
soddisfacente in favore di quella morale o etica o politica.
Più semplicemente, preferisco un uomo brutto ma
buono a uno bello ma cattivo. Perciò, l'estetica
non è la mia preoccupazione principale. O, piuttosto,
sono dell'idea che lo scopo di un'estetica d'avanguardia
sia proprio quello di far sì che ciò che
si considerava brutto possa essere bello.
Che è poi, in qualche modo, l'estrema conseguenza
di quel che pensa LaMonte Young quando dice: "Se
definiamo bello ciò che apprezziamo e ci interessiamo
a ciò che troviamo bello, alla fine saremo sempre
interessati alle medesime cose (cioè, quelle che
già apprezziamo). Non mi interessa il bello; mi
interessa il nuovo, anche se potrebbe essere disgustoso".
Ha detto così? Ben detto, LaMonte!
Vorremmo parlare di quella che a tutt'oggi è
la produzione più recente a tuo nome (antologie
escluse): cinque brani registrati in casa come una sorta
di quaderno di appunti musicali. Come è nato A
Short Break?
Semplicemente, stavo facendo qualche piccolo esperimento
a casa, in vista di una futura registrazione in studio
con tutti i crismi. E ho pensato: "Be', forse, anche
gli schizzi originali, le idee di partenza, possono avere
un valore, così come a volte di un pittore è
interessante vedere semplicemente gli schizzi preparatori.
Forse a qualcuno interessa ascoltare come sono gli schizzi
prima che li elabori trasformandoli in prodotti finiti".
Poi, alla fine, non li ho mai perfezionati: sono rimasti
solo schizzi. È un cd di soli venti minuti e -
siccome mi seccava che qualcuno potesse pensare: "Venti
minuti, una cassettina: non è un granché"
- ho preteso dalla Voiceprint l'assoluta certezza che
venisse venduto a un prezzo molto basso, perché
era musica che avevo voluto realizzare in economia, solo
brani brevi registrati con poca spesa. Non deve mica essere
sempre una gran festa, no?
Come hai incominciato a scrivere testi per le tue musiche?
Inizialmente, aggiungevo parole alla musica per una sola
ragione: lo strumento che suono è una bocca e una
delle cose che si fanno con essa è dire parole,
anche se credo che sia probabilmente un uso improprio,
ché dovrebbe servire solo a mangiare.
Su Falsi movimenti dici che a un certo punto
avevi cominciato a pensare che fosse più giusto
usare la voce evitando tutte quelle cose che non si farebbero
nel corso di una comune conversazione telefonica. Anziché
usare quei toni pomposi, alterati, che usano i cantanti
rock, la tua ricerca si è orientata verso un modo
di cantare più possibile vicino a come si parla
nella vita quotidiana. Il che ti ha portato tra l'altro
a lavorare maggiormente sui testi e meno sul tuo particolarissimo
scat. Dunque, non ti sentiremo più usare
la voce in modo più simile a uno strumento musicale?
Non ho intenzione di dire che cosa non farò più
in futuro. Ogni volta che mi formo un'opinione sull'uso
della voce, è retrospettiva: nel momento in cui
la elaboro, è finita, è troppo tardi. Che
farò in futuro? Non so proprio: dipende dal giorno,
dall'impulso del momento. Capita che un certo brano musicale
richieda un certo tipo di interpretazione. Con i testi
è lo stesso: a volte ho davvero qualcosa da dire,
da cantare, e altre volte non c'è l'ho ed è
meglio sviluppare una certa idea solo musicalmente. Non
c'è alcuna regola: non ho regole, per quanto mi
riguarda. L'unica è che non devo fare qualcosa
dopo che ha smesso di entusiasmarmi: non devo fare nulla
per un momento di più di quello in cui la sento
veramente. È la mia unica regola. Una delle cose
che ho più ammirato nella cultura del flamenco
è che viene considerato normale che un cantante
di flamenco accetti un ingaggio, stia seduto cinque minuti
davanti alla folla enorme che è venuta a sentirlo
e poi dica: "Non va, non mi sento nella disposizione
giusta". Il concerto viene cancellato e nessuno reclama.
Se la cultura rock fosse altrettanto flessibile, forse
prenderei in considerazione l'ipotesi di fare qualche
concerto, perché avrei sempre la libertà
di cambiare idea all'ultimo momento (ride). Ma non sto
parlando sul serio: non c'è nessuna possibilità
che possa cantare in pubblico, perché morirei di
paura prima di aprir bocca.
C'è qualche autore di canzoni che ti ha colpito
particolarmente negli ultimi anni?
Ooh! Che domanda difficile! (Ci pensa su e prende appunti.)
Temo che i vincitori dei miei oscar siano tutti morti:
di gran lunga, i migliori parolieri, quelli che hanno
saputo usare meglio le parole nelle canzoni, sono persone
come Fats Waller e alcuni altri autori degli anni trenta,
senza alcun dubbio. Trovo che nel rock i testi siano proprio
delle gran cagate, al confronto. Ciò detto, l'altro
giorno ho conosciuto un fotografo che mi ha raccontato
di essere amico di Joni Mitchell e mi ha parlato del suo
modo di lavorare, il che mi ha ricordato quanto sia fantastica
sia come musicista sia come autrice di canzoni: dunque,
devo assolutamente citare Joni Mitchell. La trovo piuttosto
moderna "Be'" penserete voi, "non
è giovanissima." Non m'importa proprio: neanch'io
sono molto giovane e quindi non m'importa. Per me, tutti
sono moderni, finché non muoiono. C'è un
altro problema: ascolto soprattutto musica strumentale
o comunque non cantata in inglese. Le canzoni che ho ascoltato
più spesso di recente? Moltissima musica brasiliana:
amo sentir cantare in portoghese ma non comprendo le parole.
Tuttavia, l'altro giorno ho sentito un testo che mi è
parso grande: in Shopping for Melodies dei Melody
Four - Steve Beresford, Lol Coxhill e Tony Coe - c'è
una canzone di Beresford sulla sua perduta fidanzata dallo
spazio profondo. Viene da un altro pianeta e il suo nome
è Janet. Fantastico! È così assurdo!
Una donna spaziale che si chiama Janet perché viene
da un altro pianeta! Questo sì che è ispirato!
Adesso, Steve Beresford balza direttamente in testa alla
classifica: è il più grande paroliere di
tutti i tempi per il coraggio di aver messo in
rima planet con Janet. Meraviglioso. Per di più,
l'idea che qualcuno lassù possa chiamarsi Janet
ha cambiato completamente la mia idea del tipo di vita
che potrebbe esserci nel resto dell'universo.
La più recente (3)
delle tue frequentissime collaborazioni, che speriamo
di vedere presto pubblicata, è con John Greaves,
altro ex Henry Cow. C'è qualche criterio particolare
in base al quale accetti le collaborazioni che ti vengono
proposte? Quali ricordi con maggior soddisfazione?
Non ho mai usato la parola collaborazioni. Se chiedo
a qualcuno di suonare nelle mie registrazioni, sono un
dittatore. Il mio metodo è la dittatura a turno:
se lavoro per John Greaves, faccio quel che vuole; se
sto lavorando per gli Henry Cow o per Chris Cutler, faccio
quel che vogliono loro; e se loro lavorano per me, voglio
che facciano quel che io chiedo. Non sembrerà molto
democratico ma funziona. Di conseguenza, la musica migliore
viene dalle idee una sola persona, benché siano
in molti a suonare. Ogni brano musicale è in genere
concepito da una sola persona ed è importante che
abbia le idee chiare. Non stiamo parlando di distribuzione
delle risorse alimentari: quindi, non credo che costituisca
una minaccia per la democrazia.
Ed è per quello che esistono le composers'
orchestras.
Certo, è vero, anche se composers' orchestra
è quasi un ossimoro. Normalmente non chiedo io
di collaborare con altri. Nella maggior parte dei casi
sono loro a rivolgersi a me. Se posso, e se penso di poter
fare quel che mi chiedono, ci provo. Le mie collaborazioni
preferite: be', sapete anche voi a chi ho chiesto di lavorare
per me, su dischi come Rock Bottom o Ruth is
Stranger than Richard. Recentemente sono stato coinvolto
in parecchie collaborazioni che mi sono piaciute molto.
Una è quella con John Greaves: ho registrato tre
sue canzoni ma non credo che abbia ancora trovato un'etichetta
che pubblichi il disco, ammesso che l'abbia terminato.
Ho anche inciso una canzone con il chitarrista belga Philip
Catherine, un suo classico intitolato Nairam, per
cui ho scritto un testo: la canzone ha una forma palindroma
e così l'ho chiamata Marian. Scusate, non
intendevo palindroma: il palindromo mantiene immutato
il significato quando letto in senso inverso; questa invece
assume due significati distinti a seconda del senso di
lettura. Mi piace molto ma anche in questo caso non so
quando Catherine finirà il disco. Poi ho registrato
qualcosa per un musicista dance belga, J. Bogaert,
scrivendo anche il testo e parte della musica di un brano
che si chiama Igor Mortis. E ho scritto e cantato le parole
di Free Will & Testament per il disco di Hugh
Hopper e Kramer, A Remark Hugh Made.
Hai citato Rock Bottom, un album cui collaborarono
molti musicisti del tuo giro e della cosiddetta scuola
di Canterbury. Pip Pyle ha scritto il testo di una canzone,
What's Rattlin', per l'ultimo disco di Richard
Sinclair, dove dice che non ne può più della
gente che gli chiede puntualmente: "Che cosa sta
facendo Mike Ratledge? Che cosa sta facendo Kevin Ayers?".
E così via: le solite domande su Canterbury. Domande
che - ce ne siamo accorti alla conferenza stampa di presentazione
di Falsi movimenti - vengono rivolte anche a te.
Condividi l'insofferenza di Pyle?
Probabilmente uno dei motivi per cui Pip è così
caustico è che, a quanto mi risulta, non è
mai stato a Canterbury e non so neppure se abbia mai conosciuto
di persona Ratledge e Ayers, né se abbia mai suonato
con loro o persino se li riconoscerebbe incontrandoli
per strada. Dunque, dev'essere particolarmente difficile
per lui rispondere a quelle domande. Quanto a Canterbury:
così come il cristianesimo è stato inventato
settant'anni dopo la morte del pover'uomo, anche la "scena
di Canterbury" è stata inventata molto tempo
dopo, dall'esterno. Da quel che ricordo, nessuno a Canterbury
pensava che facessimo parte di una qualche scena. Ricordo
invece molto bene che volevamo andarcene da Canterbury.
È tutto ciò che rammento. Agli estranei,
i musicisti raggruppati sotto quell'etichetta sembrano
un assortimento di persone che hanno qualcosa in comune
ma dall'interno non ricordo un grande rapporto. Ho allacciato
amicizie molto migliori e rapporti più stretti
in seguito, negli anni settanta e oltre. Perciò,
naturalmente a me non secca se mi fanno del genere. Ognuno
ha il diritto di porre le domande che più gli piacciono
e non si possono dettare agli altri i loro interessi.
Devo dire noi musicisti dovremmo essere onorati da qualunque
cosa voglia sapere chiunque, se gli interessa: dovrebbe
lusingarci il fatto che ci sia qualcuno interessato a
una qualsiasi delle cose che abbiamo fatto. Perché
diavolo protestare? La si dovrebbe considerare una fortuna!
E, visto che siamo arrivati a parlare dei tempi antichi,
potresti dirci qualcosa della versione di Slow Walkin'
Talk (pubblicata su Flotsam Jetsam) che incidesti
nel 1968 con Jimi Hendrix al basso? Qual è l'Hendrix
che hai incontrato e conosciuto?
Era un gentiluomo del Sud, molto timido e garbato. L'unica
registrazione esistente della nostra seduta è un
acetato e quindi la qualità è molto vicina
a quella di un pezzo di biscotto. Ero ancora là
(dopo la tournée statunitense dei Soft Machine
come spalla al gruppo di Hendrix): il mio gruppo si
era (temporaneamente) sciolto e quasi tutti i componenti
erano tornati in Inghilterra. Sembrava proprio finita.
Perciò ero rimasto per un po' negli Stati Uniti
e Jimi si era gentilmente offerto di ospitarmi. Mentre
ero a Los Angeles ebbi la possibilità di registrare
qualcosa ma, non avendo un complesso, incisi solo le parti
che ero in grado di suonare io. Quando ebbi registrato
batteria, voce e organo, arrivò in studio Jimi:
vide che avevo bisogno di un po' d'aiuto - a suo avviso
mancava un basso - e me ne diede moltissimo. Fu veramente
molto gentile.
Un'ultima domanda: che cosa ti dà speranza,
in questo momento?
Ah! Be', sono sempre stato molto colpito È
difficile da dire, scusatemi Più vado avanti
con gli anni, più mi colpiscono proprio le persone
comuni che lavorano e badano ai propri cari, procurano
loro cibo a sufficienza, escono per andare al lavoro o
semplicemente gestiscono la propria vita. È molto
difficile e quando penso che milioni di persone fanno
solo quello, senza tante storie, sono sbalordito: trovo
che sia un'impresa fantastica. Non è un pensiero
originale: ricordo che una volta chiesero a Randy Newman
chi fosse il suo eroe e lui rispose, più o meno:
"Chiunque faccia il proprio lavoro, guadagni quanto
basta per dar da mangiare alle persone che dipendono da
lui, si prenda cura dei propri bambini e delle persone
che ha intorno, e viva la propria vita senza troppo casino".
Quello è il suo eroe e sono sempre più colpito
proprio dalla quantità di persone che non conosco
che tirano avanti, nonostante tutte le difficoltà.
La gente è terrorizzata dalla quantità di
violenza, omicidi e aggressività che c'è
nel mondo ma a questo punto penso che sia davvero stupefacente
che ce ne sia così poca.
(ha collaborato Marina Petrillo)
NOTE
1. Va però segnalato che l'etichetta Voiceprint
si è impegnata a corrispondere ai musicisti
tutte le percentuali e i diritti relativi a due album
retrospettivi che sta per pubblicare: il primo è
Soft Machine Paradiso 69, edizione legale di un bootleg
uscito nel 1969 per la Priscilla Records (con il titolo
Soft Machine 69) e riedito su cd nel 1989 dalla Amazing
Discs (con il titolo Turns on Paradiso); il secondo
è una registrazione dal vivo (effettuata nel
settembre 1970) di The Garden of Love di David Bedford/William
Blake, eseguito dai Whole World (con Wyatt) insieme
alla London Sinfonietta diretta da David Atherton.
Sempre la Voiceprint ha pubblicato la compilation
Artists with Disabilities, che comprende tre brani
con Wyatt, e darà forse alle stampe il lavoro
di Greaves citato nell'intervista e Roar, l'album
inedito (inciso nel 1970) della Amazing Band, che
in quella come in altre occasioni ospitava tra le
proprie file il nostro uomo.
2. Su Flotsam Jetsam appaiono due dei brani incisi
in quell'occasione: Billie's Bounce e Born Again Cretin.
Quest'ultimo verrà sostituito, nell'edizione
statunitense (Rykodisc), da un altro estratto da quelle
sedute: Revolution Without "R". Un'altra
differenza sarà udibile nel brano di Gary Windo,
Now Is the Time, in quanto la Rykodisc ha utilizzato
un nastro in condizioni sensibilmente migliori. Il
brano con gli Slapp Happy è stato recentemente
ripubblicato nell'antologia Raccolta differenziata
2, gli stacchi di Radio Popolare, Mercury 1995
3. Era la più recente quando venne registrata
l'intervista. Il 25 marzo, Wyatt ha inciso insieme
a Barbara Dickson una versione di una canzone degli
Abba! Altre sue apparizioni recenti o future non citate
nell'intervista comprendono un cd dell'artista francese
Serge Faubert, la raccolta di registrazioni rare o
inedite di Gary Windo curata da Mike King per la Cuneiform
(Flesh and Bones, prevista per il 1996) e Lucky Scars
dei Fish out of Water.
Quella che
segue è la trascrizione integrale del programma
di Robert Wyatt per Radio Popolare. Per le prime tre puntate,
registrate a Milano negli studi dell'emittente senza soluzione
di continuità (come fossero un unico lungo programma),
Wyatt ha fornito preventivamente la lista dei brani che
intendeva trasmettere e i curatori del programma (Achilli
e Borella) li hanno reperiti con l'aiuto di Giovanni Venosta
e Claudio Sessa. Una volta rientrato in Inghilterra, Wyatt
ha poi registrato altre due puntate - in casa, tra dicembre
e gennaio - e ha composto e inciso un'apposita sigla (in
tre versioni differenti), che è stata successivamente
aggiunta anche alle puntate precedenti. Il programma è
stato trasmesso da Popolare Network a partire dal 13 marzo
1995, ogni lunedì alle 16 e 30 (con traduzione
simultanea in italiano) e ogni sabato alle 17 (la versione
originale in lingua inglese).
Ho scelto
l'alternativa all'alternativa, che è Roberto Murolo.
- Quando vogliamo passare una serata italiana, a casa,
io e Alfie (Alfie è la mia metà) ascoltiamo
Puccini e anche la Nuova compagnia di canto popolare.
Ma poi beviamo sempre più vino e alla fine deve
esserci Roberto Murolo; a volte Alfie balla un po' o robe
simili e piangiamo e rievochiamo i giorni felici in Umbria
e tutte le giornate meravigliose che abbiamo trascorso
in Italia. Credo che Alfie abbia cercato di educarmi,
per molti anni - perché ha buon gusto in tantissime
cose: nel vestirsi, nell'ascoltare musica, nel comportarsi
-, e una delle cose che ha tentato di insegnarmi è
"come bere", perché io, d'abitudine,
bevevo come i nordeuropei (che lo fanno solo per ubriacarsi)
e lei mi ha detto: "Guarda come bevono gli italiani:
bevono durante i pasti e poi, per lo più, smettono".
Così, quando siamo venuti in Italia, ha avuto occasione
di dimostrarmi come vivere bene restando civili. E dunque:
grazie Italia e grazie Roberto Murolo per essere parte
di ciò. A casa abbiamo centinaia di canzoni di
Murolo, una compilation molto nutrita, e quando ascoltiamo
non faccio caso ai titoli delle canzoni ma mi piacciono
tutte: apprezzo la semplicità e la chiarezza delle
sue interpretazioni.
Roberto Murolo,Marechiare.
Quando penso ad Alfie, penso a Roberto Murolo ma, quando
le ho chiesto che cosa le sarebbe piaciuto ascoltare,
mi ha risposto: "Marianne Faithfull", una donna
che ammiriamo molto: "The Ballad of Lucy Jordan".
Ho cantato in un disco dove c'è anche Marianne
Faithfull - Many Have no Speech, musiche composte
e arrangiate da Michael Mantler - e credo che la sua interpretazione,
in quel caso, sia stata proprio stupefacente. Tutto il
suo modo di cantare in quel disco. Purtroppo non ci siamo
effettivamente incontrati, in studio, ma ci incontriamo
sul disco. Questa è la Faithfull che piace ad Alfie.
Marianne Faithfull,The Ballad of Lucy Jordan
(da Broken English).
Abbiamo appena ascoltato The Ballad of Lucy Jordan
di Marianne Faithfull, scelta da Alfie.
Ora vorrei proporvi una canzone di cui Alfie ha scritto
il testo e io la musica. Credo sia assurdo che metta su
un mio brano ma anche in questo caso è solo per
Alfie. Non so perché questo programma si stia trasformando
in un omaggio ad Alfie ma comunque non è
qui e quindi la porto con me, proprio perché in
questo momento non c'è. Il brano è Catholic
Architecture. Quando siamo andati in Spagna, la cosa
più fastidiosa che abbiamo visto, che le ha ricordato
la sua infanzia cattolica, è stato del vetro rotto
su un muro intorno a certe case con simboli religiosi
all'interno. Ha ricordi molto brutti dell'educazione cattolica
ricevuta da bambina, sia in Austria sia anche in Polonia,
e credo che questa canzone esprima molto bene una paura
del modo in cui quel tipo di educazione cerca di instillare
nei bambini un enorme senso di colpa e di ansia, che lei
esorcizza nella sua poesia Catholic Architecture.
Robert Wyatt,Catholic Architecture (da
Dondestan).
Era la poesia con cui Alfie esorcizza la sua infanzia
cattolica europea.
Ora, Alfie e io abbiamo visto Heimat alla tivù
inglese. Alfie non è inglese: è nata in
Europa centrale e i suoi genitori venivano da luoghi differenti.
Per lei è stato molto interessante vedere un programma
intitolato Heimat - ovvero "patria", "casa"
- perché Alfie non ha, nel modo più assoluto,
alcun senso di patria: non ha proprio heimat ma per lei
è stato molto toccante vedere immagini ambientate
in Europa più o meno negli anni in cui nasceva.
Abbiamo guardato Heimat e ci ha coinvolti molto, soprattutto
la prima serie. All'inizio, non capivo molto le parole;
ero attratto dalla musica: straordinaria. C'erano i sottotitoli
ma il mio contatto diretto con il film è avvenuto
tramite le immagini e la musica, che ho trovato fantastica.
Nikos Mamangakis,Prolog e i cinque brani
successivi (dalla colonna sonora di Heimat).
Questi erano i primi sei pezzi della prima serie di Heimat.
Passiamo alla seconda serie, che ci ha interessato molto,
perché parlava della nostra generazione, quella
nata negli anni quaranta. È ancora molto difficile
per noi - e soprattutto per lei - rapportarci alle ansie
e preoccupazioni degli anni quaranta, degli anni della
guerra, ed è stato - come dicevo - molto interessante
vedere come alcuni giovani tedeschi cercassero di affrontare
lo stesso retaggio psicologico, che condividiamo con loro:
benché durante la guerra fossimo su fronti avversi,
condividiamo uno stesso retaggio storico. Comunque, vorrei
farvi sentire un po' della musica meravigliosa scritta
per la seconda serie di Heimat.
Salome Kammer,Schlaflied für Arnoldchen
(dalla colonna sonora di Die Zweite Heimat).
Era la canzone per il giovane figlio Arnoldino.
Mi piacerebbe semplicemente concludere l'ascolto di questi
estratti da Heimat con l'adattamento del tema principale
scritto da Mamangakis per la seconda serie, giusto per
ricordarmi tutta l'esperienza completa di Heimat:
l'"Esperienza Heimat".
Nikos Mamangakis,Titelmusik (dalla colonna
sonora di Die Zweite Heimat).
Adesso, tanto per cambiare, parlerò ancora di Alfie,
a proposito del prossimo pezzo, tratto dalla colonna sonora
della Doppia vita di Veronica. Alfie appartiene
alla stessa generazione di Kieslowski; è venuta
dalla Polonia con sua mamma, da bambina, ed è arrivata
in Inghilterra quando aveva più o meno sette anni;
ho come la sensazione che, se fosse rimasta in Polonia,
avrebbe sicuramente frequentato una di quelle fantastiche
scuole di cinema polacche e sarebbe poi diventata una
famosissima regista cinematografica dissidente polacca
e ora sarebbe molto brava; ma poiché venne invece
in Inghilterra, dove tutti sono liberi, la sua carriera
si disintegrò completamente e non accadde mai nulla
di simile. Ha studiato cinema e fantasticando immagino
La doppia vita di Alfie, di Alfreda Benge, perché
ho in mente una Alfie parallela che non è mai stata
fregata dal venire in Inghilterra, conoscere me e robe
simili ed è invece rimasta in Polonia, divenendo
una regista cinematografica. Le piace molto Kieslowski
- che molti non amano, trovandolo deliberatamente ermetico
o altro - ma Alfie è completamente in sintonia
con lui e si è molto commossa per la Doppia
vita di Veronica. È un film che mi ha colpito,
perché sento molto di vivere in un mondo di possibilità
parallele, di vite mai vissute che vedo nella mia mente,
sempre: è una specie di tortura psicologica, che
un film come questo mi aiuta a esorcizzare. Quindi, un
po' di musica dal film di Kieslowski, per favore
Van den Budenmayer (1),
Concerto in E Minor (dalla colonna sonora della
Doppia vita di Veronica).
Adesso mi piace Dylan più di quanto mi piacesse
negli anni sessanta. Non mi interessava molto, allora,
perché ero più preso dalla musica nera.
In seguito, venni a sapere che Robert Zimmerman, da ragazzo,
era stato un appassionato di rhythm'n'blues; che amava
molto la black music. E così, provai una sorta
di empatia verso quelle radici: non aveva copiato la musica
nera ma aveva avuto grande considerazione di moltissima
black music. La mia stima per Dylan è cresciuta
con il passare degli anni: per me è una di quelle
persone come Marc Chagall, uno dei grandi artisti ebrei
del ventesimo secolo. Robert Zimmerman è un ottimo
musicista e la gente pensa che sia solo un buon poeta
o robe simili ma a me piace anche quando canta stronzate,
perché ha una bellissima voce. Forse, prima o poi,
inciderò una delle sue canzoni. Ho molti progetti,
sapete. Questa è Lay Lady Lay. La canto
io, prima: lay lady lay; ops, non ci riesco; lay lady
lay; no, non ci riesco; lay lady lay; no, non ci riesco,
dimenticatevelo, fanculo; lay lady lay across my
no, non ci riesco, fanculo! Canto le canzoni di Dylan
quando sono in bagno ma non qui, in pubblico.
Bob Dylan,Lay Lady Lay (da Nashville
Skyline).
Mi pare che ci sia una sorta di snobismo nei confronti
di Nashville e della musica leggera; e penso che per lo
più i musicisti non lo condividano. Forse la musica
pop è semplice, elementare, ma può essere
altrettanto valida di qualsiasi altro genere di musica.
Naturalmente, mi infastidisce il modo in cui viene immessa
sul mercato: tutta l'industria del pop è uno schifo,
è disgustosa, lo so. L'industria del pop è
un ambiente disgustoso ma non è colpa della musica,
che è semplicemente una forma moderna di folk ed
è ridicolo prendersela con Dylan perché
suona musica folk moderna, pretendendo che si dedichi
invece a una qualche specie di finta musica vecchio stile.
È folle, non vuol dire nulla: è un grande
cantante, che cosa volete? Ma torniamo a Zimmerman. Nel
1968 ebbi la fortuna di viaggiare un po' (in tournée)
con Hendrix, che era un grande ammiratore di Dylan, e
per la verità fu proprio perché Dylan piaceva
così tanto a Hendrix che cominciai ad ascoltarlo
un pochino anch'io. Mi pare che, più o meno in
quel periodo, Hendrix stesse registrando alcune delle
canzoni di Electric Ladyland - ma non ricordo esattamente
- e che stesse cominciando a suonare All along the
Watchtower anche dal vivo. Non ne sono sicuro ma in
ogni caso trovo che la sua sia semplicemente una grande
versione bluesy, molto potente, con molta energia,
e credo sia una delle versioni di canzoni di Dylan più
amate dall'autore.
Jimi Hendrix,All along the Watchtower (da
Electric Ladyland).
Era Hendrix. Una delle grandi virtù della musica
pop è che usa la ripetizione; fin troppo, a volte.
Ma Hendrix sapeva esattamente come usarla e la usò
bene. Vorrei che Bartók avesse avuto un modo di
pensare un po' più pop quando compose il Concerto
per violino, che stiamo per ascoltare. Si apre con
una sezione che avrei voluto continuasse Be', vi
faccio sentire come avrei voluto che fosse: cominciamo.
Vai Bela.
Bela Bartók,Violin Concerto (primo
mezzo minuto).
(Sulla musica) Fermati proprio qui. Ecco, questo
è il guaio. Lui pensa: "Ho fatto abbastanza,
so che tutte le cose intelligenti cambiano, c'è
un sacco di varietà eccetera eccetera". Stronzate!
Riprendiamo il brano dall'inizio, adesso. Avrebbe dovuto
ripetere questa sezione! Ascoltatela e immaginatela suonata
da tantissime balalaiche o robe simili, per venti minuti
circa: ecco che cosa ci sarebbe voluto, prima che entrasse
il violino. Si va:
Bela Bartók, Violin Concerto (primo mezzo
minuto) (Wyatt doppia con la voce il contrabbasso).
(Sulla musica) Mettiamola ancora una volta, Bela,
e poi andiamo avanti e ascoltiamo il resto. È bello
come prosegue ma avrebbe proprio dovuto far durare di
più quella frase di apertura, perché è
davvero meravigliosa.
Bela Bartók,Violin Concerto (Wyatt doppia
con la voce il contrabbasso e poi il violino).
(Sulla musica) In realtà anche il resto
è molto bello e quindi lasciamolo andare: proseguiamo
l'ascolto.
La grande cosa di Bela Bartók, storicamente, è
che veniva dall'Europa centrorientale, dove la tradizione
della musica folk possiede elementi che mancano alla musica
folk occidentale, uno dei quali è la vivacità
ritmica. È vero che molte musiche folk possiedono
vivacità ritmica ma una delle caratteristiche della
musica folk ungherese - e ceca, russa, bulgara - è
la complessità ritmica: non suonano semplicemente
tempi ternari o quaternari ma anche in sette, undici,
tredici e così via. Nel nostro secolo, quell'idea
è stata introdotta nella musica occidentale da
vari compositori; tra coloro che portarono nel jazz l'uso
di tempi più complessi c'è il grandissimo
pianista Lennie Tristano. E Turkish Mambo, con
la sua sovraincisione di più piste di pianoforte,
fu uno dei primi esperimenti con le tecniche di registrazione
effettuati negli anni cinquanta. Così descritto,
potrebbe far pensare a un freddo esercizio tecnico ma
credo che Turkish Mambo sia un'opera musicale veramente
incisiva, per quanto breve.
Quindi
Lennie Tristano,Turkish Mambo (dall'album
Lennie Tristano).
Dal punto di vista discografico, credo che il primo brano
di free jazz mai registrato sia stato Intuition
di Lennie Tristano. Ora sentiremo un musicista, Ornette
Coleman, che lavorò con un altro pianista - di
nome Paul Bley -, il quale portò moltissime innovazioni,
come Tristano. Ma Bley non partecipò alle prime
incisioni di Coleman, che vennero pubblicate, effettuate
invece da un quartetto senza pianoforte: secondo me, quello
che stiamo per ascoltare è uno dei più grandi
quartetti della storia del jazz, con Don Cherry, Charlie
Haden e naturalmente il grande Ed Blackwell alla batteria,
da New Orleans (e da New Orleans provengono i migliori
ritmi quanto meno del Nordamerica o anche di tutta l'America,
con l'eccezione di Cuba). E quindi: che quartetto! E Embraceable
You è naturalmente uno dei brani più
belli. È una canzone di Gershwin: George e Ira
Gershwin ma, dato che Ira scriveva le parole e questa
versione non è cantata, è tutta di George.
George Gershwin è uno dei grandi compositori che
passarono il confine tra ciò che era chiamato "classica"
e il jazz. Uno di essi era Kurt Weill, che scriveva solo
cose che i più trovassero facile ascoltare ma che
allo stesso tempo possedevano in ogni istante la finezza
e la minuziosità della musica più complessa
che io possa comprendere. Tornando a Coleman, il modo
in cui suona Embraceable You è come capovolto.
Non so proprio Sulla copertina dice: "La suoniamo
nel modo in cui vengono normalmente eseguiti gli standard"
ma non è per niente vero. Non è affatto
così che vengono normalmente affrontati brani come
Embraceable You. Non so che cosa facciano ma è
magnifico.
Ornette Coleman Quartet,Embraceable You
(da This Is our Music).
(Sulla musica) E vorrei invitarvi ad ascoltare
attentamente come il contrabbasso di Charlie Haden accompagna
l'assolo: è bellissimo, perfetto, ogni nota è
un gioiello.
Era l'Ornette Coleman Quartet. Ma in realtà era
essenzialmente il suo trio più Don Cherry: l'Ornette
Coleman Trio, in pratica, con Charlie Haden, Ed Blackwell
e l'altro membro del quartetto era George Gershwin,
immagino.
Ora qualcosa di più classico, musica statunitense
tra le due guerre: Minnie the Moocher, una di quelle
canzoni sulla droga scritte molto prima che il rock "inventasse"
le droghe. Erano già state inventate negli anni
trenta e Minnie the Moocher è tutta un'allusione
alla cultura statunitense delle droghe di quell'epoca.
Dal grande Cab Calloway Credo che spesso gli artisti
come Cab Calloway - entertainer molto buffi e divertenti
- non vengano visti come artisti molto seri. È
completamente sbagliato. Per me, Cab Calloway era un grande
artista. Comunque: Minnie the Moocher. E, sentite:
se volete il surrealismo, i suoi testi erano surreali
senza che neppure tentasse di esserlo. Era un surrealista
naturale, già.
Be', è davvero difficile trovare qualcosa da mettere
dopo Calloway. Il vero spettacolo è finito con Cab
Calloway ma penso che Miles Davis potesse suonare dopo chiunque,
soprattutto se torniamo a George Gershwin, con un altro
dei suoi classici: Summertime. Davis la suona con
Gil Evans e quel che mi piace di questo arrangiamento è
la sua estrema concisione ed essenzialità: non fanno
appello al potenziale emotivo della canzone, limitandosi
invece a suonarla in modo diretto e preciso e penso che
proprio per questo risulti tanto forte. Dunque, Miles Davis
e Gil Evans. E ascoltate la deliziosa batteria che fa l'orologio
a pendolo.
Miles Davis & Gil Evans,Summertime (da
Porgy and Bess).
Erano Miles Davis e Gil Evans con Summertime.
Una delle illusioni relative all'arte è che gli
artisti possano vivere in pace e armonia in tutto il mondo.
È come quando si pensa che la natura sia tutta
armonia, mentre invece è come una battaglia incessante.
Una volta assistetti a un concerto di Miles Davis e Cecil
Taylor, che non erano buoni amici. Davis era il nome principale
della serata e quindi avrebbe dovuto suonare per ultimo
ma rifiutò, dicendo: "Non voglio che qualcuno
debba sentire Cecil Taylor prima di ascoltare me e dunque
suonerò per primo". Così, Davis suonò
per primo e Taylor per secondo e fu comunque una grande
serata. Secondo alcuni, tensioni e robe analoghe tra i
musicisti hanno la loro utilità. Se ne può
discutere: io so per esperienza che possono aiutare l'adrenalina
a mettersi in circolo eccetera. Se poi la musica è
di quel livello, mi può star bene. Dunque, ora
voglio proporvi qualcosa di Taylor, rispettando la richiesta
di Davis: prima Davis e ora Taylor. Come sappiamo, Cecil
Taylor è uno dei più grandi interpreti di
semplici ballad sentimentali per pianoforte di tutti i
tempi e qui ci propone una grande ballad sentimentale: This nearly Was Mine, di Rodgers e Hammerstein,
ed è più o meno una melodia, più
o meno jazz, più o meno qualcos'altro ma non esattamente
nulla di tutto ciò; ed è bellissima.
Cecil Taylor,This nearly Was Mine (dall'omonimo
album Candid).
Dunque, questo è Cecil Taylor che distrugge completamente
una graziosa ballad sentimentale.
E ora un ritratto più affettuoso del passato: Charles
Mingus che rende omaggio a Jelly Roll Morton, in un modo
che non penso Morton avrebbe apprezzato particolarmente.
Ma non importa: semplicemente, lo porta oltre. Ho avuto
la fortuna di vedere Mingus parecchie volte e ognuna di
esse si colloca tra le esperienze musicali più
emozionanti della mia vita: era così vitale! Spero
che, nonostante gli anni trascorsi, un po' di quella vitalità
sprizzi ancora dal disco. Sia Morton sia Mingus usavano,
come dire, schemi armonici e ritmici davvero insoliti
per le proprie epoche. Morton, in particolare, fu molto
innovativo e immagino che una delle ragioni per cui Duke
Ellington era molto paranoico nei suoi confronti fosse
che Morton aveva e metteva in pratica idee tecniche e
armoniche avanzatissime. Mi sembra che questo omaggio
di Mingus sia più un tentativo di rendere il jazz
del passato altrettanto complesso di quello moderno, perché,
agli albori del jazz moderno, musicisti e appassionati
avevano un atteggiamento molto liquidatorio verso la musica
precedente, considerandola quasi troppo facile e piacevole,
mentre credo Mingus rivendicasse il passato come parte
della storia della grande musica nera, da cui Jelly Roll
Morton. E lo fece sin dall'inizio: apprezzava tutta la
storia della musica.
Charles Mingus,My Jelly Roll Soul (da Blues
and Roots).
Comunque, se per caso vi state chiedendo come mai molta
della musica che metto sia vecchiotta, la risposta è
che anch'io sono un po' vecchio: se volete musica più
giovane, dovete trovare un disc jockey più giovane;
a me va bene. In ogni modo, questa è musica registrata
al tempo in cui venne inventata e quindi sarà sempre
nuova. Anche quando Mingus reinventa Jelly Roll Morton,
l'approccio è del tutto nuovo. Direi che c'erano
Jackie McLean al contralto e Jimmy Knepper, un grande
trombonista, e naturalmente Dannie Richmond, il batterista
meglio vestito di tutti gli Stati Uniti, a quel tempo:
molto molto bravo, un batterista eccellente ma sottovalutato.
E al contralto anche John Handy, un musicista incantevole:
tutta la sezione contralti era ottima; anche su Mingus
Ah Um e vari altri dischi grosso modo di quel periodo.
Una delle formazioni migliori. E citiamo ancora una volta
il batterista: Dannie Richmond, un batterista magnifico,
eccellente.
Ora abbiamo Charles Trenet. Ricordo che mio fratello maggiore
aveva questa canzone su un 78 giri, quand'ero bambino,
e la trovavo proprio bellissima, anche se non ne sapevo
nulla. Alfie mi ha detto che forse Charles Trenet era
un collaborazionista e allora vaffanculo: non sentiremo
La mer cantata da lui ma da Zozo Shuaibu, convocato
da Steve Beresford per un disco su Trenet. Su questo disco
c'è qualcuno con cui ho qualcosa in comune: Tony
Coe, un musicista originario di Canterbury. Abbiamo studiato
nella stessa scuola ma lui ne è uscito subito prima
che vi entrassi io; negli anni sessanta, era un clarinettista
di jazz tradizionale. Tony Coe è uno dei più
grandi musicisti che ci siano: può suonare assolutamente
qualsiasi cosa, senza eccezioni. È una di quelle
persone come Dave MacRae: quasi troppo bravi, perché
sono talmente duttili che qualcuno potrebbe pensare che
sia facile comandarli a bacchetta, se non fosse che possiedono
anche una loro voce molto netta, che li tiene al
riparo da rischi simili. Comunque, questo è un
disco che Steve Beresford ha inciso con persone di quel
livello e tra l'altro è uscito per la Nato, un'etichetta
meravigliosa. Sono stato anche in corrispondenza con Jean
Rochard (fondatore e direttore dell'etichetta).
Trovo che sia una casa discografica estremamente valida
e so che lavora molto con Tony Coe. Tantissimi dischi
Nato contengono riferimenti all'esperienza degli indiani
americani e quindi non mi stupisce che il nome dell'etichetta
derivi da quello di un cugino di Geronimo e non abbia
nulla a che fare con l'Alleanza atlantica; mi fa anzi
molto piacere. Tornando a noi: una bella canzone in un'eccellente
versione e dunque gustatevi
Steve Beresford and his Orchestra,La mer
(da L'extraordinaire jardin de Charles Trenet).
Era La mer di Charles Trenet, cantata magnificamente
da Zozo Shuaibu.
Anche se mi imbarazza, vorrei concludere con uno dei miei
adattamenti di poesie di Alfie. In parte perché
voglio stare con Alfie fino alla fine - nella musica come
nella vita (ride) - ma soprattutto perché La mer mi ha fatto venire in mente quando Alfie
vide due suore in riva al mare, al tramonto, e le ritrasse
in modo molto affettuoso nella poesia da cui ho tratto
il testo di Worship. Tra l'altro, adesso che ho
una nuora cattolica devo imparare a essere più
tollerante e lasciare da parte un pochino della mia ostilità
istintiva verso qualunque cosa abbia a che fare con la
Chiesa e il cattolicesimo, anche se il papa non mi piace
proprio; ma ci sono suore molto simpatiche - ne sono sicuro,
ne ho anche conosciuta qualcuna - e credo che quelle due
non avessero alcuna colpa dei problemi della Chiesa cattolica.
Le osservammo e ispirarono ad Alfie quella breve poesia,
che trovo bellissima, e dunque questa canzone è
per Alfie e per le due suore.
Robert Wyatt,Worship (da Dondestan).
(verso la fine, subito dopo "And the sun sets")
E il sole tramonta su questo programma (ride) per
gli ascoltatori di Radio Popolare. Spero che la musica
che ho mandato in onda vi sia piaciuta. Qui è Robert
Wyatt. Molte grazie per la vostra attenzione.
Quarta puntata
Buongiorno, sono Robert Wyatt
e qui ci sono alcune cose che mi piacciono.
Little Richard,Tutti Frutti.
Era Richard Penniman con la vecchia e famosa canzone d'amore
italiana Tutti Frutti.
E ora passiamo il confine meridionale.
Irakere,Las Margaritas (dall'lp The
Legendary Irakere in London, Volume 2, Jazz House
jhr009).
Las Margaritas dai leggendari Irakere. In realtà,
non eravamo a sud del confine, perché era un concerto
del grande complesso cubano al Ronnie Scott's di Londra.
E lo straordinario sax soprano era quello di Herman Velasco
(non so se la pronuncia sia giusta). Anche rispetto alla
media cubana, Irakere è un complesso straordinario
e alcuni dei migliori concerti cui abbia assistito a Londra
negli anni ottanta erano degli Irakere, un gruppo davvero
stupefacente.
E fin qui ci siamo ma vi starete chiedendo come mai non
vi abbia mai fatto ascoltare alcunché dalla Turchia
e dunque adesso vi proporrò qualcosa di turco.
Si tratta di Toulaï con François Rabbath.
Toulaï è una cantante, François Rabbath
un eccellente contrabbassista e questa è una poesia
che Nazim Hikmet scrisse al pittore Abidin per chiedergli:
"Abidin, potresti dipingermi un ritratto della felicità?".
Toulaï & François Rabbath,Abidin
(testo di Nazim Hikmet, musica di Erdan Buri). Massimo Giuntoli,Frrr!!! (dal cd Giraffe,
rbc1007) (fino a "Oh, pardon!", cui risponde
con formule di cortesia in francese).
Mi spiace che non parlo italiano. So dire qualcosina in
altre lingue ma anche in quelle non molto. Che disdetta!
Dunque, era Massimo Giuntoli dal suo cd Giraffe:
il brano si chiamava Frrr!!! Tra l'altro, il cd ha
una copertina molto bella, di Paola Bertozzi.
Uno dei vantaggi dell'ingresso nella Comunità europea
è che potremmo imparare qualcosa sulla civiltà
da alcuni dei popoli che l'hanno inventata. Mio padre è
in Italia, adesso È morto là, in una cittadina
dove avrebbe voluto andare ad abitare con mia madre per
il resto dei suoi giorni: Ariano. È stato sepolto
laggiù e mia madre è rimasta molto colpita
da come - anno dopo anno, da allora - la gente del luogo
si sia presa cura della tomba, mettendo fiori e così
via. Benché fossi già stato in Italia in gita
scolastica (a Firenze e in alcuni altri posti), non avevo
mai veramente capito quanto possa essere civile un luogo
finché non siamo andati in Umbria, al locale festival
rock, dove abbiamo conosciuto persone come Stefano Pepoloni
e Sergio Perozzi, tra Perugia, Umbertide eccetera. Ce la
siamo proprio spassata e ho incominciato a imparare come
bere con moderazione, mangiando, insieme alla pastasciutta;
in Inghilterra è stata importata la pasta ma non
il modo civile di mangiare intorno a un tavolo - bevendo
moderatamente le cose adatte - che avete in Italia. Quando
siamo partiti per Milano, quest'ultima volta, ci è
stato chiesto di portare del parmigiano fresco e noi ne
abbiamo comprato dei grossi pezzi, il che non ha nulla a
che fare con il brano che stiamo per ascoltare dal grande
pianista cubano Gonzalo Rubalcaba, tratto da un lp che si
chiama The Blessing ed è dedicato a Sandino.
Gonzalo Rubalcaba (autore e pianista), Sandino
(da The Blessing, con Charlie Haden al contrabbasso
e Jack DeJohnette alla batteria).
Torniamo in Europa per un po' di jotas: abbiamo trovato
questa cassetta in Spagna e non è esattamente flamenco.
Questa è una jota de Aragon. (2)
Jota(s) de Aragon,La hermosura de la jota
(cassetta spagnola).
Jotas de Aragon. Sono convinto che in un mondo ideale
avrebbero un grande successo. Vi leggo tutto il titolo:
La hermosura de la jota bienvenida Argensola la alcorisana
y el pastor de Andorra. Perché ve l'ho fatta
sentire? Be', mi piace! Immagino che mi ricordi l'esperienza
di viaggiare per l'Europa, scovando il tipo di musica che
pur appartenendo ai vari luoghi è in qualche modo
quasi nascosta in essi.
E ora, un altro tipo di nostalgia: la nostalgia per le sigarette,
visto che ho smesso di fumare nel maggio scorso e questa
si chiama Smoke Gets in your Eyes. La sentiamo da
colei che venne definita da Orson Welles "la donna
più affascinante del mondo": Eartha Kitt.
Eartha Kitt,Smoke Gets in your Eyes.
Avete ascoltato Robert Wyatt che proponeva alcuni dischi
che pensava potesse farvi piacere ascoltare. Vorrei ringraziare
Radio Popolare per avermi dato la possibilità di
indulgere a ciò. Non ho un impianto molto costoso,
qui a casa: non è di altissima qualità, che
spero sia stata compensata dalla qualità della musica.
E ora, è proprio venuto il momento di una favolosa
sigla:
Robert Wyatt,Radio Popolare (versione lunga).
Ho appena sentito che c'è qualcuno alla porta: dev'essere
Alfie che rientra, sapete. Be', ora devo andare a salutarla.
Ciao.
Quinta puntata
Qui Robert Wyatt. Scusate se
non parlo italiano ma non lo so fare. Comunque, qui c'è
un po' di musica che mi piace.
Questo è un brano di Chris Cutler ma non è
lui a interpretarlo. Si chiama Justice. Le parole sono di
Cutler, la musica di Lindsay Cooper ed è interpretato
da un gruppo austriaco, The More Extended Versions, da un
piacevole cd intitolato - ha ha, buona questa! - Dedicated
to You but You Weren't Listening. (3)
The More Extended Versions,Justice di Cutler/Cooper
(dal cd Dedicated to You but You Weren't Listening,
ev0003). (4)
Era la versione dei More Extended Versions di Justice,
di Lindsay Cooper e Chris Cutler. Un gruppo austriaco: Christoph
Kurtzmann alla voce, Helmut Heiland alla chitarra, basso
eccetera.
E ora vorrei proporvi due brani ispirati ai versi del poeta
canadese Paul Haines. Il primo è la versione di Derek
Bailey di Art in Heaven e il secondo un brano di Carla Bley
intitolato Rawalpindi Blues, interpretato da Jack
Bruce al basso e voce, Don Pullen al piano, Leo Nocentelli
alla chitarra e ah, Robbie Ameen e Marvin Smith alle
batterie.
Derek Bailey,Art in Heaven (da Darn It!,
American Clavé amcl 1014/18: musiche su poesie di
Paul Haines). Jack Bruce,Rawalpindi Blues (musica: Carla
Bley; testo: Paul Haines; da Darn It!).
Entrambi i brani ascoltati provengono da un doppio cd intitolato
Darn It!, su etichetta American Clavé.
La voce di Jack Bruce mi fa sempre venire in mente l'opera
- in un certo senso ha una bella tessitura operistica -
e quindi ho pensato di proporvi una frammento di una vera
opera lirica di Anthony Davis, intitolata The Life and
Times of Malcolm X. Qui sentiamo Hilda Harris - nella
parte della sorella maggiore di Malcolm, Ella - e Timothy
Price, nella parte del giovane Malcolm.
Anthony Davis,Child's Aria / Ella's Aria
(testo: Thulani Davis / Christopher Davis; dal doppio cd
The Life and Times of Malcolm X, Gramavision/Rykodisc
r2-79470).
Un'opera di Anthony Davis, intitolata The Life and Times
of Malcolm X.
E ora, volete sentire un grande batterista? Eccolo qui:
è Ralph Peterson. Questo è il suo quartetto
che suona Sneak Attack.
Ralph Peterson,Sneak Attack (da Ornettology,
cdp7982902).
Ornettology e il titolo del brano era Sneak Attack:
Ralph Peterson alla batteria, Melissa Slocum al contrabbasso,
Brian Carrott al vibrafono e Don Byron alle ance.
Ciò che abbiamo ascoltato di più la scorsa
estate, dato che passavamo molto tempo all'aperto, sono
stati gli uccelli; a volte è difficile riconoscerli
dal canto e così Alfie mi ha comprato alcune cassette
che aiutano a farlo
Woodland Birds (cassetta della Royal Society for
the Protection of Birds, sui Silvidi). (Contenuto della cassetta) il luì grande e
il luì piccolo emettono entrambi il verso uìt
ed è spesso difficile distinguerli ma quello del
luì grande è quasi bisillabico e forse lievemente
lamentoso (canto del luì grande). Quello del
luì piccolo è quasi monosillabico e distintamente
allegro e sommesso (canto del luì piccolo).
Ecco un confronto, con il luì grande per primo (voci
di luì grande e luì piccolo). (Fine della cassetta; riprende Wyatt) Alcuni uccelli
fanno (fischia), altri fanno (fischietta)
e altri ancora fanno (fischietta con un fraseggio vagamente
bop, riferendosi evidentemente a un altro Bird). Certo,
ce ne sono anche che fanno: "Aah, aaah" ma di
quelli parleremo un'altra volta.
Intanto, ho letto sui giornali che ai giovani piacciono
le musiche dal ritmo marcato. Ho trovato un solo brano che
rispondesse a tali requisiti - di un gruppo che si chiama
Ultramarine - ed è un pezzo dance, mi dicono.
Ultramarine (con Jimmy Hastings e Robert Wyatt),
Happy Land (versione rimissata, dal minicd Barefoot,
Blanco Y Negro).
C'è una sola canzone con cui posso concludere questo
programma per Radio Popolare ed è Ciao ciao bambina,
da uno dei più grandi film musicali: Svenklangs
Kuintett, un film svedese sui primi passi di un complesso
di dilettanti, molto commovente.
Voglio solo ringraziare moltissimo Radio Popolare per avermi
invitato a fare ascoltare un po' di dischi che mi piacciono
e spero solo che qualcuno sia piaciuto anche a voi.
Ciao.
Svenklangs Kuintett,Ciao ciao bambina (voce:
Eva Remaeus).
(trad. di aa)
NOTE
1. Probabile pseudonimo assunto da Zbigniew Preisner
quando firma musiche intradiegetiche.
2. Danza aragonese, di Navarra e parte di Levante.
3. Ride perché è titolo di un brano dei primi Soft
Machine, poi utilizzato da Keith Tippett come titolo
di un proprio lp (cui partecipò Wyatt) e parafrasato
da Wyatt con i Matching Mole (Dedicated to Hugh,
But You Weren't Listening).
4. La versione originale, su Letters Home dei
News from Babel, era cantata da Wyatt.